Open Arms – La legge del mare
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2015, autunno. Òscar, comproprietario di una società di bagnini di Barcellona, resta sconvolto dalla foto di Alan Kurdi, il bambino siriano annegato nel Mediterraneo. Decide di partire subito per l’isola di Lesbo convincendo ad andare con lui anche il collega e amico Gerard che è da poco diventato padre. Arrivati sul posto, sono messi davanti alla dura realtà; ogni giorno migliaia di persone cercano di raggiungere terra con imbarcazioni di fortuna ma nessuno li aiuta davvero. Polizia e guardia costiera si rimbalzano le responsabilità e gli abitanti del luogo si mostrano indifferenti se non ostili. La presenza di Òscar e Gerard non è gradita. L’avvertimento è in una scritta (“Via gli stranieri”) sulla fiancata della loro Panda Rossa. C’è però qualcuno che è dalla loro parte come la proprietaria di un ristorante. Ad aiutarli nei soccorsi arrivano dalla Spagna anche Nico ed Esther, la figlia di Òscar, e al gruppo si uniscono anche un fotografo e un medico alla disperata ricerca della figlia scomparsa.
Basato sulla storia vera di Òscar Camps, il fondatore di Open Arms, il film diretto da Marcel Barrena non perde tempo e sceglie subito da che parte stare.
Il fatto vero di cronaca ha il ritmo serrato a metà tra il western e l’action quando i protagonisti arrivano in una città ostile. La scena dal meccanico che gli ripete la cifra di 3000 euro sia per riparare l’auto sia per vendere lo spray diventa indicativa di come il luogo possa nascondere dietro la sua bellezza il suo lato sinistro. Da una parte è il luogo per i turisti con la ‘provocatoria’ immagine-cartolina dell mare e la luna di notte. Dall’altra ci sono i salvagenti che galleggiano in mare e per terra e i trafficanti che buttano giù dai gommoni famiglie con madri e bambini.
Marcel Barrena, al suo secondo film come regista, si ispira ancora a una vicenda realmente accaduta. Dopo aver mostrato la vicenda del ragazzo spagnolo affetto da sclerosi multipla che ha deciso di non arrendersi affrontando un thriathalon Ironman con percorsi di nuoto, ciclismo e corsa in 100 metros, con Open Arms – La legge del mare firma un film insieme politico e profondamente umano.
Si carica sulle spalle tutta l’indignazione di Òscar, interpretato con efficace realismo da Eduard Fernández e condivide con lui la rabbia, l’indignazione, la ricerca di una luce in fondo al tunnel e quella sua frase che è un urlo che potrebbe perdersi nel vuoto o arrivare a qualcuno: “Non sono un politico, sono un bagnino”. La descrizione esemplare della dura quotidianità ma anche della ricerca di una speranza può portare il suo cinema dalle parti di quello di Fernando León de Aranoa. Al tempo stesso si getta anima e corpo nella storia che racconta.