AVRAI VENT’ANNI TUTTA LA VITA – teatro
Avrai vent’anni tutta la vita è uno spettacolo tratto dall’omonimo romanzo di Nicola
Mariuccini.
Mediante il racconto della storia di Luigino Reattino (personaggio di fantasia su fatti
realmente accaduti), riemergono i tratti della nebulosa vicenda della fine delle Brigate
rosse a seguito del rapimento e della liberazione del generale Dozier.
È il tentativo di riconciliare la verità dei fatti accaduti con la verità giudiziaria
coinvolgendo lo spettatore in un interrogatorio drammatico e incalzante in cui
Luigino, il capro espiatorio per eccellenza, arrestato e tenuto vent’anni in attesa di
giudizio con la falsa accusa di essere il grande vecchio del terrorismo italiano,
risponderà alle domande avendo il coraggio di farne altrettante in una arringa che è
più di una difesa di ufficio.
Un atto di accusa su ciò che in quegli anni è davvero successo e quanto non è
accaduto; sui perché di errori e depistaggi, sulle trame internazionali che hanno
stretto il paese in una morsa invisibile di pressioni, sospetti e segreti.
Dietro la matrice ideologica degli attentati la malcelata ma mai scoperta volontà di
archiviare il conflitto politico e sindacale degli anni 70 che culminerà, proprio dai
primi mesi del 1982 in quella che fu chiamata “la rimonta” dello Stato contro il
terrorismo, concomitante con una potente accelerazione dei motori del benessere, con
il debito pubblico salito alle stelle che apre, nel paese, l’era delle televisioni, del
colore, dell’effimero.
Fra le tante verità in campo, che si combattono tra loro con lo scopo di auto
annullarsi, lo spettacolo, più ancora del libro ne fa emergere una più inquietante delle
altre: la verità rivelata. La drammatica questione delle torture di stato, “inutili”
secondo gli stessi autori ma che rappresentano una macchia indelebile sulla memoria
del nostro paese, pur raccontate in pubbliche interviste da testimoni oculari sono
scivolate come se niente sia mai accaduto.
La scelta del teatro come atto di denuncia, laddove le televisioni non hanno
funzionato. I tempi umani della rappresentazione e della riflessione inducono lo
spettatore ad andare oltre l’informazione per entrare, insieme ai personaggi, nello
spazio dimenticato della coscienza critica.