STRANIZZA D’AMURI
TRAILER
Sicilia, estate 1982. Nino è il figlio maggiore in una famiglia di creatori di fuochi d’artificio: gente onesta, allegra e laboriosa. Il ragazzo ha appena terminato il liceo con profitto e il suo regalo è stato quel motorino con cui scorrazza gioiosamente attraverso la campagna siciliana. Gianni è un suo coetaneo tornato dal riformatorio che vive in un altro paese con la madre e il patrigno che gli ha dato un lavoro nella sua officina e un tetto sopra la testa, ma che lo tratta con continuo disprezzo. Di fronte all’officina c’è il bar i cui avventori si dilettano a prendere in giro il ragazzo additandolo come omosessuale. Un giorno, mentre Gianni sta andando a consegnare un Ciao ad un cliente, Nino lo sperona con il suo motorino: è la scintilla che accende un’amicizia meravigliosa, che potrebbe condurre a qualcosa di molto più profondo. Ma la Sicilia rurale dei primi anni Ottanta non è il luogo per questo tipo di relazioni dai confini incerti.
Giuseppe “Beppe” Fiorello esordisce alla regia del lungometraggio Stranizza d’amuri, già titolo di una celebre canzone del suo concittadino Franco Battiato, con un progetto che può giungere inaspettato rispetto alla sua immagine cinematografica e televisiva di maschio alfa, quando invece è proprio questo a rendere la sua scelta particolarmente interessante.
Perché il suo punto di vista su una giovane relazione omosessuale, ispirata a fatti realmente accaduti, è quello di un uomo adulto siciliano ed eterosessuale, intenzionato a evidenziare quei pregiudizi dei quali il suo film mostra le radici culturali e la persistenza tenace.
Fiorello ricrea un mondo e un momento nel passato che appartiene alla sua autobiografia con grande onestà e immediatezza, riportandoci ad un’epoca di ottimismo (sottolineata dalla marcia trionfale della nazionale di calcio verso la vittoria nel campionato mondiale) e di relativa spensieratezza che oggi sembrano fantascienza, e soprattutto ricordandoci la luce, i colori, le temperature ambientali ed emotive di quelle estati al sud che sembrava non dovessero finire mai, e in cui i giovani potevano immaginarsi onnipotenti.
Fiorello e i suoi cosceneggiatori Andrea Cedrola e Carlo Salsa tratteggiano tanto i vitelloni omofobi del bar e il patrigno violento quanto i genitori di Nino affettuosi, ironici e aperti agli altri, benché pronti a tramandare tradizioni che appartengono ad un patriarcato millenario. Personaggio pieno di ombre è invece la madre di Gianni, che ha già conosciuto la discriminazione nei confronti del figlio e vive nella paura di non saper proteggere né lui né se stessa dalla crudeltà della società patriarcale siciliana.