Il capo perfetto
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In attesa della visita di una commissione che valuterà il vincitore di un importante concorso pubblico, il signor Blanco, padrone di una ditta di bilance, cerca di tenere insieme i pezzi della sua vita privata e lavorativa: interviene personalmente per risolvere i problemi del capo della produzione; mantiene buoni rapporti con la moglie nonostante la tradisca con la nuova stagista; con il capo del personale e la guardia giurata dello stabilimento gestisce la protesta di un ex dipendente licenziato appostatosi ai cancelli; con tagli, cambi di mansioni e decisioni insindacabili fa affari con piglio gentile ma deciso. Blanco è il capo perfetto: un padre buono che vedi i propri dipendenti come dei figli ed è disposto a tutto pur di salvare l’azienda…
Quasi vent’anni dopo I lunedì al sole, Javier Bardem e Fernando León de Aranoa tornano a parlare del mondo del lavoro: questa volta però sono dall’altra parte della barricata, dalla parte del padrone, di colui licenzia e non di chi può essere licenziato.
Fa un certo effetto, dopo anni di film figli della crisi economica e dedicati a lavoratori licenziati o a fabbriche dismesse (La legge del mercato, In guerra, A fabrica de nada, On va tout péter), vedere un film come Il capo perfetto, in cui l’azienda al centro del racconto non solo è viva e vegeta, ma è tra le candidate a un premio che permetterebbe ulteriore prestigio e soprattutto ulteriori finanziamenti pubblici («altrimenti quei soldi vanno al cinema», dice Blanco…).
Il punto centrale del discorso di de Aranoa, che è anche sceneggiatore, non è tanto il lavoro quanto la responsabilità: la gestione della vita altrui da parte di un uomo che si identifica totalmente con la propria azienda. La crisi è un’eventualità ma è lontana (all’inizio si vede un licenziamento durante le celebrazioni dello stabilmento, ma per Blanco è un semplice esubero, una cosa legale…); la produzione serrata e la qualità dei prodotti immessi sul mercato sono un obbligo; la serenità aziendale è una necessità.
Giusto perché le cose siano chiare, la Blanco Básculas, la società di gestione familiare del protagonista, produce bilance (básculas in spagnolo) e il giusto equilibrio è proprio ciò che ogni imprenditore deve trovare: equilibrio fra padrone e dipendenti, fra tempo e lavoro, vita privata e azienda, benessere e grattacapi, interessi personali e collettivi, bene personale e bene di tutti. Questo è il compito del capo perfetto, insomma. O forse no.
Forse, come si comprende nel corso di una trama che prevedibilmente spinge il protagonista a fare scelte estreme (ma siccome non siamo in un film di Ken Loach si resta sul piano della commedia acida), l’equità necessaria è di altro tipo: è fra legalità e illegalità, bontà e cattiveria, magnanimità e spietatezza, naturalezza e calcolo, faccia gentile e animo selvaggio, innocenza e colpa (anche penale).