LA QUATTORDICESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
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Bologna oggi. Marzio incontra Samuele con cui negli anni ’70 aveva costituito il gruppo ‘I Leggenda’ con il sogno di sfondare nel mondo della musica e che aveva invece finito con il produrre un solo brano. I due vivono entrambi un momento difficile così come non facile aveva finito con il diventare il loro rapporto a causa di Sandra, che Marzio aveva sposato ma non aveva saputo comprendere fino in fondo. Sono passati 35 anni dalla quattordicesima domenica del tempo ordinario in cui si era celebrato il matrimonio. Ora tutti e tre si trovano dinanzi a una svolta della loro vita.
‘Il quarantatreesimo film del cinema avatiano’: questo potrebbe essere il titolo alternativo di un’opera che ha come spinta propulsiva il dono che alcuni Autori (e Avati indubbiamente lo è) scoprono di possedere interiormente raggiunta una fase avanzata della loro vita: il non dover essere costretti a dimostrare niente a nessuno.
Pupi Avati è sempre stato un uomo libero, lontano dagli ambienti ‘che contano’ nel mondo del cinema, ma ora lo è nel senso più ampio del termine. Lo aveva ulteriormente provato, ammesso che ce ne fosse bisogno, con i due film precedenti con il ritorno all’horror de Il signor diavolo e con un sogno accarezzato per vent’anni e finalmente realizzato, grazie a una rilettura al contempo classica ed originale: Dante rivisitato grazie a Boccaccio e mettendo la Divina Commedia sullo sfondo. Ora ci propone una summa del suo cinema mostrando in sottotraccia di avere condensato elementi che avrebbero potuto, se sviluppati ulteriormente, dare origine a una fiction di qualità come lo è stata Un matrimonio.
Perché da lì si torna a partire, da una data che dà il titolo al film e che è quella in cui lui si è sposato. Già il titolo costituisce una piccola provocazione. Non tanto per il dato biografico di cui sopra che, ovviamente, i più non conoscevano ma per quel ‘tempo ordinario’ di cui molti si devono essere chiesti in cosa consista non sapendo che è una modalità di datazione liturgica. Perché Avati è un cattolico praticante, distante anni luce dal bigottismo, che però non ha remore nell’affermarlo.
Quella data per il protagonista sembra segnare il raggiungimento del traguardo non rendendosi conto che invece costituisce l’inizio della corsa, con salite e discese, che sta alla base di un matrimonio. Ecco allora che diventa necessario, a Marzio come a Pupi, voltarsi indietro per cercare di capire cosa è accaduto, come sono stati messi in gioco e vissuti quei due stati fondamentali delle relazioni che sono l’amore e l’amicizia.