L’ODIO
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Una giornata in una delle tante banlieue parigine. Un giorno uguale a molti altri per l’ebreo Vinz, il maghrebino Said e il nero Hubert. Se non fosse che un loro amico, il sedicenne Abdel, è stato pestato dalla polizia in seguito agli scontri della notte precedente e adesso è sospeso tra la vita e la morte in ospedale. Durante i tumulti, Vinz ha trovato la pistola persa da un agente. Il ragazzo giura che la userà per vendicarsi, nel caso in cui Abdel muoia.
Un film folgorante, con dialoghi battenti, dal ritmo teso e serrato, che non lascia un attimo di respiro, girato in uno splendido e funzionalissimo bianco e nero, sporco e allucinato. Perché non c’è spazio per le sfumature e tanto meno per i colori, nel mondo svelato dal giovane talento francese Mathieu Kassovitz. Un mondo dove non si va tanto per il sottile: due fazioni in lotta; da una parte “noi”, dall’altra “loro”. Tutti cattivi, nessuno buono, nessuno condannato, nessuno assolto. Non c’è cieca adesione nello sguardo del regista, né giudizio morale. Solo un estremo e spietato rigore realistico nel tratteggiare uno spaccato sociale, senza mai scadere nel sociologismo spicciolo. Con un occhio a tanta cronaca francese e al meglio del cinema americano di genere, omaggiato nelle citazioni di Scarface di Brian De Palma, Il cacciatore di Michael Cimino e soprattutto Taxi Driver di Martin Scorsese, in quella scena di Vinz allo specchio che rifà Robert De Niro e fa esplodere tutta la bravura e l’intensità drammatica che consacrano il talento di un giovane Vincent Cassel.