Il bambino che verrà
Testo di Soledad Agresti
Regia di Raffaele Furno
Disegno luci di Janos Agresti
Disegno audio di Mauro Sandomenico
Consulenza musicale di Isabella Sandrini
Due, ma potrebbero essere uno.
Eppure sono due.
Due figure in scena. Sembrano gemelli. Forse perchè sono vestiti nello stesso identico modo, con un tessuto che li fa assomigliare ad una carta da parati, o ad un inutile suppellettile passata di moda.
Ma a volte sembrano uno, questi due. Perchè si immergono l’uno nell’altro, si intrecciano fino a che le gambe dell’uno sono le gambe dell’altro, le braccia dell’uno sono le braccia dell’altro, il torso dell’uno è il torso dell’altro.
Forse una leggera differenza tra questi due esiste, nonostante il loro vestiario, nonostante il loro essere gemelli. Uno è maschio, l’altro è femmina, dovrà pure esserci una differenza. Uno è dominante, l’altro è dominato, dovrà pure esserci una differenza. Ma non c’è equazione tra maschio = dominante, femmina = dominato, potrebbe essere l’opposto.
A ben guardare poi, questi due non sono affatto inutili. Anzi.
Sono molto operosi queste due figurine un po’ caricaturali, un po’ grottesche, un po’ paradossali. Operosi perchè costruiscono muri, spingono complicati marchingegni, producono energia, raccolgono cibo, ma soprattutto in cuor loro e nei loro dialoghi aspettano.
Aspettano un salvatore, un redentore, nella forma di un bambino che li solleverà finalmente da tutte queste gravose quotidiane incombenze di costruire muri, spingere marchingegni, produrre energia.
Certo, quelli di lassù, i capi che vivono nei verdi pascoli di sopra, glielo hanno promesso. Gli manderanno un bambino a questi due figuri, un bambino che lavori per loro, sia il loro bastone della vecchiaia, e riproduca all’infinito questo ciclo di sfruttamento. Glielo manderanno in questo scantinato buoi, in questa cella, che confina con i prati verdeggianti, ma è separato da essi da filo spinato.
Gli unici mezzi di comunicazione tra i due mondi, tra il verde lussureggiante di lassù, e il grigio triste di quaggiù, sono tre lampadine colorate che scandiscono il ciclo di lavoro-lavoro più duro-punizione, e una cassetta della posta. Un cassetta di quelle che si vedono nei film americani anni cinquanta, una cassetta rassicurante, dalle tinte pastello, generalmente foriera di liete novelle.
Il bambino dovrebbe arrivare da questa cassetta, apparire magicamente in essa come se fosse una moderna mangiatoia. La sua venuta sarà la fine del duro lavoro di questi due esserini spersi, incattiviti, speranzosi.
Oppure no? E se il bambino che verrà non venisse? O se fosse monco e menomato allora chi aiuterebbe questi due gemelli a lavorare?