La vita accanto

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La vita accanto
La vita di un'influente famiglia vicentina viene sconvolta da un evento imprevedibile.
La vita accanto
(id)
Regia: Marco Tullio Giordana
Cast: Sonia Bergamasco, Paolo Pierobon, Valentina Bellè, Beatrice Barison, Sara Ciocca
Genere: drammatico
Durata: 100 min. - colore
Produzione: Italia (2024)
Distribuzione: 01 distribution
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Vicenza, 1980. Maria scopre di essere incinta e annuncia con gioia la sua gravidanza al marito Osvaldo, affermato ginecologo più avanti negli anni di lei. Ma quando la neonata Rebecca viene al mondo ha una vistosa macchia rossa sul viso e Maria la rifiuta, individuando in quella “voglia” l’oscuro segno di un peccato nascosto. Da quel momento la grande casa in cui Maria e Osvaldo abitano insieme alla sorella gemella di lui, Erminia, una pianista di successo che vive al piano superiore, si riempie di silenzi e di dolore. Rebecca cresce più che altro accudita dalla zia e fa amicizia con Lucilla, una compagna di scuola anticonformista che per la bambina è una ventata d’aria fresca. Nell’adolescenza la ragazza comincia a reagire all’indifferenza ostile della madre e a porsi le prime domande sulla sua origine. Col tempo Rebecca arriverà ad intuire che le dinamiche famigliari custodiscono quel segreto che ha reso la sua infanzia e adolescenza tanto disfunzionali e infelici.

La vita accanto è basato sul romanzo omonimo di Mariapia Veladiano e vanta una sceneggiatura scritta a sei mani da Marco Tullio Giordana, che del film è il regista, Gloria Malatesta e Marco Bellocchio.

Le difficoltà nella realizzazione nascono forse proprio dal fatto che la presenza di Bellocchio si avverte in modo dominante rispetto alla narrazione, ma resta secondaria rispetto alla regia: se infatti Bellocchio è maestro nell’evocare visivamente i fantasmi che sottendono le sue storie, Giordana esplicita ogni sottotesto soprannaturale e sembra gestire cinematograficamente una materia narrativa che non gli appartiene, il che si manifesta anche in una serie di non sequitur, ovvero di scene brevissime che appaiono scollegate dal loro contesto, e anche, più banalmente, in alcune disattenzioni formali (il colore fosforescente della macchia, poco credibile come angioma, la presenza di un accento veneto solo per alcuni attori, o la reiterata definizione di Osvaldo come “giovane e bello”). È anche poco chiaro il legame fra i protagonisti e la cultura ebraica, segnalato da un passaggio appena accennato e invece potenzialmente interessante.

Il risultato è una storia curiosamente slegata i cui gli interpreti recitano in modo innaturale e artificioso (cosa che potrebbe essere voluta, viste le storture della famiglia, ma ottiene un risultato di visione straniante).

Anche la solitamente efficace Sara Ciocca sembra a disagio nel ruolo di Rebecca preadolescente (anche in questo caso il disagio esistenziale ci starebbe tutto, ma non la mancanza di modulazione), così come Beatrice Barison nei panni di Rebecca giovane adulta. Colpisce invece per spontaneità e tempi interpretativi la giovane attrice che interpreta Lucilla da bambina, l’unica cui la regia permette di recitare in modo naturale.